
Considerata l’emblema del barocco leccese, la Basilica di Santa Croce è una tra le chiese più importanti ed ammirate di Lecce. Si cominciò a costruire questa immensa fabbrica religiosa a partire dal 1549 su sollecitazione dei padri Celestini, dopo l’abbattimento dell’antico tempio e monastero fondati nella seconda metà del 1300 nell’area del Castello Carlo V, per volere di Gualtiero VI di Brienne conte di Lecce.
Per la costruzione della Basilica realizzata a partire dal 1549 e completata nel 1699, si avvicendarono importanti architetti leccesi dell’epoca: Gabriele Riccardi, Francesco Antonio Zimbalo e Cesare Penna con l’aiuto di maestri scalpellini e intagliatori della zona di Lecce.
La facciata esterna

Il progetto architettonico è dell’artista Gabriele Riccardi che creò la struttura della chiesa e realizzò anche la parte inferiore della facciata, dandole uno stampo classico. Non a caso, la parete è arricchita da sei colonne con capitelli zoomorfi ed è sormontata da un fregio di ispirazione classica. Poco dopo, nel 1606 subentrò Francesco Antonio Zimbalo che realizzò i tre portali soffermandosi su quello maggiore; quest’ultimo, affiancato da coppie di colonne binate, è sormontato dagli stemmi di Filippo III di Spagna, di Maria d’Enghien e di Gualtiero VI di Brienne.
Sulle due porte laterali, invece, vi sono gli stemmi di Santa Croce e dell’Ordine dei Celestini, il cui ex convento affianca e prolunga la chiesa.

La parte superiore della facciata fu realizzata da Cesare Penna, anticipata da una balconata sostenuta da mensoloni sotto forma di animali e uomini che alludono alla famosa guerra di Lepanto. Sopra la balaustra, i putti giocano con i simboli dei poteri spirituali e temporali.
Impreziosisce la facciata di tale ordine il grande e raffinato rosone che si compone di elementi decorativi concentrici dove si alternano, gigli, cherubini e melagrane, un capolavoro realizzato nel 1646 come si evince dai due leoni che reggono dei cartigli con i numeri “16” e “46” collocati in alto ai lati del rosone. Quasi “intrecciato” tra le foglie d’acanto a sinistra del rosone, per tradizione, vi è l’autoritratto grottesco di Cesare Penna con il nasone imperioso che guarda a sinistra.
Nelle zone laterali, le due nicchie con le solenni statue di San Benedetto e S. Pier Celestino, (poi papa Celestino V) fondatore dell’Ordine dei Celestini, mentre ai lati estremi, le statue della Fede e della Sapienza attributi dell’Ordine. In alto, una fascia decorativa ricca di putti con in mano delle lettere che compongono il nome del committente del secondo ordine, Don Matteo Napoletano, abate dell’ordine, che per motivi di spazio il suo cognome fu abbreviato in “NAP”. Chiude l’ordine superiore il fastigio che raffigura la Santa Croce sottoforma di fiori e gigli, concluso da Giuseppe Zimbalo.
Le decorazioni in pietra leccese che concorrono ad abbellire la facciata della Basilica, non sono solo riempitive ma sono munite di simboli.
Santa Croce simboleggia il trionfo del Cristianesimo sui miti pagani e i due ordini della Basilica simboleggiano l’inferno e il paradiso; l’ordine inferiore rappresenta il mondo degli inferi dove sui capitelli e frontone fanno capolino figure mitologiche come le sirene, le arpie e draghi. Il “mondo pagano” viene sconfitto dal paradiso rappresentato dall’ordine superiore con fiori, piante, animali ed angeli in festa.
La chiesa è anche un campionario di simboli legati a Celestino V e al suo ordine monastico come ad esempio i fiori e gli angeli che richiamano le visioni di Celestino.
L’interno della Basilica

Una volta varcato il portale, la basilica ci accoglie all’interno con una pianta a croce latina, suddivisa in tre navate da 12 colonne terminanti con capitelli dove tra motivi di frutta e foglie fanno capolino i volti degli apostoli. Più avanti, delle colonne binate con i simboli degli evangelisti, sorreggono una magnifica cupola decorata con festoni di foglie d’acanto, angeli e motivi di frutta.
La navata centrale termina con un’abside polilobata con copertura a raggiera che veglia su un settecentesco altare maggiore, capolavoro di intarsio sul marmo di scuola napoletana. Il bianco della pietra leccese che regna sovrano in ogni parete dell’edificio, viene messo in risalto dal marrone del soffitto a cassettoni in legno dorato, dove al centro è racchiusa la tela della “Santissima Trinità”.

Invece le navate laterali ospitano cappelle, non comunicanti tra loro, dove altari e colonne in stile barocco sono riccamente decorati. Partendo da destra troviamo in successione 17 altari, il primo è l’altare che accoglie la tela di “Sant’Antonio con l’apparizione del Bambino”, seguono l’altare della Natività con la tela “Adorazione dei Pastori” le raffigurazioni di “San Michele Arcangelo”, “San Filippo Neri”, “La Trinità”, “Sant’Irene”, “San Pier Celestino” e le diverse icone mariane.

Meritano attenzione altari come quello di Sant’Oronzo con una tela votiva del Santo al cui patrocinio fu attribuito lo scampato pericolo del terremoto del 1743 come rivelano i versi di un antico dialetto leccese posti sul dipinto e l’elaborato altare dedicato a San Francesco da Paola, realizzato da Francesco Antonio Zimbalo. Questa macchina d’altare, costituita da 12 formelle, in pietra leccese, si presenta come un libro didascalico con fumetti che illustra il paesaggio fatto di ulivi, case in pietra che fanno da sfondo alla vita e ai miracoli del Santo calabrese. Dividono le formelle, 6 colonne rivestite da ricami di fiori in pietra. Sovrasta in alto lo stemma francescano con il motto “Charitas”, affiancato da sei angeli che reggono in mano i simboli della passione.

I Celestini curarono la Basilica, risiedendo nel vicino Palazzo fino al 1807, quando Giuseppe Bonaparte emanò delle leggi che sancivano la soppressione degli ordini monastici sparsi nel Regno di Napoli. Una volta sfrattati i Celestini, il convento fu incamerato dallo Stato che divenne sede di pubblici uffici. Oggi il Palazzo dei Celestini, è sede della Prefettura e del governo della Provincia. Durante il periodo della soppressione, la chiesa fu scenario di vandalismo e saccheggio, come il quattrocentesco sepolcro con la statua in marmo della contessa Maria d’Enghien che fu disperso. A partire dal 1833, la chiesa fu affidata alla Confraternita della Santissima Trinità dei Pellegrini che curò il restauro del tempio.
Come in un sogno, essa appare all’improvviso! Arresta il tempo, che ti corre dietro, perchè tu possa fermarti abbagliato dallla sua bianca luce.
I pregiati intagli le donano raffinatezza, eleganza e mirabile bellezza. Figure umane, animali e piante la animano in un’eterna parata. E’ tripudio di forme e di ricami unici ed irripetibili. E’ il Barocco, il nostro Barocco!
Claudia
non trovo parole!!!
accecato dalla sua bellezza,unica al mondo,impagabile bellezza, che si trova solo da noi.
Mi manca
bella bella.. noi con la scuola andremo a visitarla.. leggendo questa descrizione mi è parso di vederla davanti a me in tutta la sua bellezza 🙂
In realtà ho visto solo la sua facciata, quella che si vede nella foto all’inizio.. fremo all’idea di poterla ammirare anche all’interno 🙂
Gaia
come un urlo di gioia, un grido di meraviglia, un lampe di genio appare S. Croce al termine della Piazzetta Riccardi!
La sua bellezza è senza tempo, ammirarla ti toglie il fiato e Lei nel tempo risplende di eterna bellezza e come una bella donna si fa ammirare in tutto il suo splendore……
Unica citta Italiana ad essere un opera d’arte nel suo insieme…quindi si puo definire Lecce l’opera d’arte per eccellenza……stupenda e meravigliosa Citta dell’arte.
sono appena tornato da Lecce,questa Basilica mi ha colpito in una maniera indescrivibile,meravigliosa!!!!
Ci vorrebbe molto tempo per decantare la sua bellezza ed il suo fascino unico, mi fregio solo di essere cittadino leccese e, poterla ammirare di tanto in tanto . A volte mi capita di notare gli sguardi affascinati dei turisti i quali, la vedono la prima volta da vicino !
Dire che questa basilica è semplicemente bella potrebbe essere riduttivo. Piuttosto si tratta di un vero spettacolo, un qualcosa che ti resta dentro, che non riesci a dimenticare. Un po’ come tutta la città del resto. Ho il piacere di visitare Lecce con un tour preso su Toursharing, ho girato in lungo e in largo in compagnia di altre persone. Mi sento di dire solo una cosa: se non ci siete mai state andateci! Ne vale davvero la pena.